La Vita
La storia del teatro dei burattini e marionette, conosciuto in tutti i paesi del mondo, ha da sempre colpito la fantasia della popolazione, dai ricchi ai poveri, dai semplici ai più smaliziati, dai colti agli ignoranti.
Il teatro dei burattini è stato fino agli inizi degli anni 50 una tradizione largamente diffusa nell’Italia Settentrionale, in particolare nell’area padana prendendo il posto al teatro cosiddetto “di stalla” dove erano i vecchi a farsi propulsori di cultura, narrando storie lette o ascoltate, agli altri membri della comunità.
La pianura padana, per non andare troppo lontano, è stata ricca di burattinai e fra questi Peppino Sarina, ultimo erede di una famiglia di artisti attivi fin dalla prima metà dell’800, nato a Broni nel 1884 e scomparso a Tortona nel 1978, oggi considerato uno dei maggiori interpreti del teatro di figura tradizionale, soprattutto per aver avuto il coraggio di portare sulle scene riduzioni dell’epica cavalleresca divise in cicli (teatro proprio dei pupi siciliani).
Peppino Sarina nasce a Broni il 29 Aprile 1884 da Antonio e Adelaide Palamede (detta Adele). Su una delle pagine iniziali del “Libro delle Annotazioni di Drammi e Tragedie Produzioni Sarina Antonio” così è scritto: “Corte della Signora Marazzana Catterina, alle ore 9 del 29 Aprile 1884 è nato un figlio a Adele Palamede e del vivente Sarina Antonio, nomi di Battesimo Giuseppe Mario Contardo”.
Peppino Sarina, anche dopo la decisione di stabilirsi a Tortona nel 1912, mantiene con la sua città natale e con la famiglia materna rapporti stabili, di vita e di lavoro, e nelle trasferte bronesi frequenta in continuazione i Palamede, in particolare lo zio Contardo e il cugino Piquillo nel suo negozio.
L’infaticabile artista non può non lasciare segni, specialmente nella città natale e presso cari parenti, ed affresca meravigliosamente soffitti, stanze e scale della casa dei Palamede – oggi non più esistente- dirimpetto alla grande Piazza V .Veneto. Lo zio Contardo addirittura segue la compagnia anche nelle trasferte in altri paesi, trattenendosi anche per più giorni ad aiutare in baracca o a suonare il violino.
Autodidatta in moltissime materie (dalla musica alla storia, alla letteratura alla pittura) cominciò a scolpire burattini, a dipingere scenari a suonare, scrivere copioni, comporre opere musicali. Fu grande attore e uomo di teatro: da solo diede voce ad innumerevoli personaggi ed orchestrò sceneggiature e scenografie nonché interventi dei suoi numerosi aiutanti di baracca volontari con eccezionale padronanza registica. Il repertorio, già ricco nei cartelloni del padre e del nonno, venne da lui arricchito fino a comprendere oltre un centinaio tra drammi, farse, commedie, ma la sua opera più conosciuta fu il ciclo carolingio dei Paladini e dei Reali di Francia che diviso in puntate (fino a 150) teneva una intera stagione nella medesima piazza.
A differenza della maggior parte dei suoi colleghi teatranti che lavorano in compagnie familiari (composte da una sola persona) con repertori limitati tutti destinati ad occupare una sola serata, Peppino ha impiantato una attività a livello familiare (tutti i componenti Sarina e qualche Palamede) ma il repertorio è assai ricco e vasto che prevede la collaborazione di numerosi burattinai dilettanti e volontari, arruolati di volta in volta nei singoli luoghi di rappresentazione. Pertanto il teatro di Sarina si avvicina di più, quanto a tipo di produzione e investimenti, al classico teatro delle marionette (con la troupe, le centinaia di personaggi ecc..) che a quello dei burattinai itineranti, e per gli effetti scenici , la vastità delle scene e delle puntate, è molto vicino al teatro dei pupi siciliani.
Nel loro teatro i Sarina non hanno una sola maschera rappresentativa o regionale. L’universalità del loro repertorio e la molteplicità dei personaggi costringono i Sarina ad assumere un gran numero di maschere: quelle della Commedia dell’Arte e della tradizione (Balanzone, Pantalone, Tartaglia, Arlecchino, Brighella, Colombina ecc. Gioppino e tutta la sua famiglia) con l’esclusione di Pulcinella e Ganduja, una sfilza di maschere locali fra cui i lodigiani Pampalughino, Tascone e sua moglie Gigia, Rangognino.
La maschera “principe”, quella dall’esperienza più estesa a livello di massa dei Sarina, è senza dubbio Pampalughino (addirittura vediamo che a Voghera la maschera “Pampa” scalzerà il nome dello stesso Sarina). Pampalughino è una maschera lodigiana che Sarina eredita dal nonno Andrea e che sarà la sua maschera principale.
Dal 1958, anno della fine della sua attività , fino al 1978 anno della morte, Sarina continuò a lavorare dipingendo, suonando, studiando ma soprattutto ordinò il prezioso patrimonio (centinaia di burattini, partiture, scenari, scritti vari, copioni e una ricchissima biblioteca) custodito dall’erede Carlo Scotti Sarina e oggi patrimonio della Fondazione C.R. Tortona.